GhostRider ha scritto:fagiu ha scritto: un meraviglioso gancio sinistro d'incontro che lo ha mandato a sbattere con la testa sul sostegno dell'angolo.
Che meraviglia! Che poesia! Dimmi che è morto, ti prego!

No, mi spiace, devo deluderti; è vivo e si gode i soldi della ricca borsa riservata al perdente, in mezzo a fiumi di birra Guinness
GhostRider, dubito che tu possa apprezzare davvero la pura
poesia di quel colpo e del pugilato in generale, ma ti ricordo un paio di passi, tra i tanti sull'argomento
Iliade, XXIII
"Come in punto si furo, ambi nel mezzo
presentârsi gli atleti, e sollevate
l'un contra l'altro le robuste pugna,
si mischiâr fieramente. Odesi orrendo
sotto i colpi il crosciar delle mascelle,
e da tutte le membra il sudor piove.
Il terribile Epèo con improvvisa
furia si scaglia all'avversario, e mentre
questi bada a mirar dove ferire,
Epèo la guancia gli tempesta in guisa,
che il meschin più non regge, e balenando
con tutto il corpo si rovescia in terra.
Qual di Borea al soffiar l'onda sul lido
gitta il pesce talvolta, e lo risorbe;
tale l'invitto Epèo stese al terreno
il suo rivale, e tosto generosa
la man gli porse, e il rïalzò. Pietosi
accorsero del vinto i fidi amici
che fuor del circo lo menâr gittante
atro sangue, e i ginocchi egri traente
col capo spenzolato, ed in disparte
condottolo, il posâr de' sensi uscito"
Virgilio,
Eneide V
"In prima su le punte
de' piè l'un contra l'altro si levaro:
brandîr le braccia; ritirârsi in dietro
con le teste alte: in guardia si posaro
or questi, or quelli: al fine ambi ristretti
mischiâr le mani, ed a ferir si diêro.
Era giovine l'uno, agile e destro
in su le gambe: era membruto e vasto
l'altro, ma fiacco in su' ginocchi e lento,
e per lentezza (il fiato ansio scotendo
le gravi membra e l'affannata lena)
palpitando anelava. In molte guise
in van pria si tentaro, e molte volte
s'avvisâr, s'accennaro e s'investiro.
A le piene percosse un suon s'udia
de' cavi fianchi, un rintonar di petti,
un crosciar di mascelle orrendo e fiero.
Cadean le pugna a nembi, e vèr le tempie
miravan la piú parte; e s'eran vòte,
rombi facean per l'aria e fischi e vento.
Stava Entello fondato; e quasi immoto,
poco de la persona, assai de gli occhi
si valea per suo schermo. A cui Darete
girava intorno, qual chi ròcca oppugna,
quantunque indarno, che per ogni via
con ogni arte la stringe e la combatte.
Alzò la destra Entello, ed in un colpo
tutto s'abbandonò contro Darete;
ed ei, che lo previde, accorto e presto
con un salto schivollo: onde ne l'aura
percosse a vôto, e dal suo pondo stesso
e da l'impeto tratto, a terra cadde.
Tal un alto, ramoso, antico pino
carco de' gravi suoi pomi si svelle
d'un cavo greppo, e con la sua ruina
d'Ida una parte, o d'Erimanto ingombra.
Allor gridò, gioí, temé la gente,
si com'eran de' Siculi e de' Teucri
gli animi e i vóti a i due compagni affetti.
Le grida al ciel ne giro. Aceste il primo
corse per sollevare il vecchio amico;
ma né dal caso ritardato Entello,
né da téma sorpreso, in un baleno
risurse e piú spedito e piú feroce;
ché l'ira, la vergogna e la memoria
del passato valor forza gli accrebbe.
Tornò sopra a Darete, e per lo campo
tutto a forza di colpi orrendi e spessi
lo mise in volta, or con la destra in alto,
or con la manca, senza posa mai
dargli, né spazio di fuggirlo almeno.
Non con sí folta grandine percuote
oscuro nembo de' villaggi i tetti,
come con infiniti colpi e fieri
sopra Darete riversossi Entello"