Stagione 2009/2010 di Danilo "Il Gallo" Gallinari: cap. II
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mighty
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
la palla deve passare da lui ma non e' necessario che la abbia in mano. meglio farla gestire a una buona PG. Ai giocatori come quello che spero Gallo diventi basta un tocco, un taglio, una finta per influenzare l'attacco...
"In da hood non ne esci vivo" (cit.)
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maurom
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
Secondo me ci arriveremo ad un Danilo piu spesso con la palla in mano, ma anche per quello ci vuole maggior fiducia nei propri mezzi fisici; è difficile creare con la palla in mano senza buttarsi dentro, o giochi in una squadra dai meccanismi perfetti oppure per creare qualcosa di veramente importante devi attirare raddoppi o aiuti difensivi su tue penetrazioni. Anche qua Danilo fa vedere di avere gia delle ottime basi, raramente sbaglia delle decisioni, la maggior parte delle palle perse sono delle infrazioni di passi, il giorno che si sentirà piu forte fisicamente IMHO sarà molto piu decisivo anche sotto questo aspetto.
"I think that the champions come out for the pressure. So if you're not good under pressure, then you're just a mediocre player. And I don't want to be a mediocre player. I want to win championships." - Danilo Gallinari
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
mi sembra di sentire un "ma anche no..."maurom ha scritto:Secondo me ci arriveremo ad un Danilo piu spesso con la palla in mano

"In da hood non ne esci vivo" (cit.)
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giginho93
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
quoto alla grande, se LBJ va a new york danilo ne vede anche meno di palloni....mighty ha scritto:mi sembra di sentire un "ma anche no..."maurom ha scritto:Secondo me ci arriveremo ad un Danilo piu spesso con la palla in mano
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maurom
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
Io quello a New York prima lo voglio vedere
Comunque se anche fosse qualche pick and roll Gallinari-LeBron a me non farebbero proprio così schifo
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
Se arriverà lbj a ny non son sicuro che il gallo avrà meno palloni da giocare,a cleveland fa giocare molto i compagni certo poi quando la partita la si deve vincere la palla è la sua sensa ombra di dubbio.
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
Guardate che se Lebron va a New York va per vincere quindi di certo il gallo non sarà così dispiaciuto...
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
meno palloni no
meno palla in mano si
meno palla in mano si
"In da hood non ne esci vivo" (cit.)
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
Il Gallo è tornato a tirare bene.
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
Intervista al gallo su Reppublica.it (mi sembra che non l'abbia postata nessuno)
Un pezzo d'Italia nell'Nba
"Bisogna imparare da qui"
Danilo Gallinari sta diventando protagonista a New York e racconta la sua esperienza: "Il Madison è sempre pieno, e poi c'è grande fair play. Un solo difetto: sei un numero" dall'inviato EMANUELA AUDISIO
NEW YORK - Danilo Gallinari è un pezzo d'Italia nell'Nba. Non fuggono solo i cervelli, ma anche i giganti. "Gallo" gioca nei New York Knicks da due stagioni. Ha 21anni, 208 centimetri, la maglia numero 8, e la speranza di avere un futuro a stelle e strisce. L'anno scorso non è stato determinante, solo 24 partite a causa dei dolori alla schiena, quest'anno si è operato e D'Antoni lo schiera quasi sempre in quintetto base, affidandosi ai suoi tiri da tre.
Com'è l'America vista da sottocanestro.
"Pesante. L'aggressività dei corpi la senti durante la partita. E fa male. Ce li sogniamo questi fisici in Italia, anche perché qui al college i ragazzi hanno una cultura sportiva diversa e si sviluppano con basket, football, nuoto, atletica. Si gioca molto e sempre, a Natale e Capodanno. Per i fondamentali nell'allenamento non c'è tempo, si preparano gli schemi per la partita seguente. Però l'organizzazione è fantastica. Viaggiamo con l'aero della società, non facciamo file agli aeroporti, e il Madison Square Garden è sempre pieno. Mica la depressione che c'è in certi nostri palasport. Senza parlare del fair-play".
La rispettano?
"Mai sentita un'ingiuria. Anche nelle partite contro i nostri avversari storici, anche con i tifosi-rivali che stanno seduti ad un passo da noi, mai nessuno che mi abbia sputato in faccia o che abbia azzardato un'offesa. Ci sono 25 giornalisti che ci aspettano dopo la partita, ognuno deve trovare una storia, una particolarità, ma non mi sono mai sentito frainteso. L'Nba è una macchina efficiente, molto popolare, resti ore a firmare autografi ai ragazzini, l'unico difetto è che sei solo un numero, una statistica. Sei valutato per il tuo tabellino, e basta. E l'America sull'Italia vive di stereotipi".
Rogge, presidente del Cio, si è detto deluso da Tiger Woods. Voi ne avete parlato?
"Sì, molto, è stato argomento da spogliatoio. Anche per la sorpresa. Chi se l'aspettava da Tiger? Tutti si sono fatti la stessa domanda: why? Già, perché? Molti hanno provato rabbia, altri si sono sentiti traditi. In America il campione ha un ruolo importante, deve dare l'esempio, non può barare. Questo è un paese che ti dà tutto, basta che non esci dalle regole".
Anche lei ha molte fans.
"L'Nba è un mito. Se ne fai parte sei conosciuto e riconosciuto. E incontrare modelle e attrici è frequente. Si viene invitati alle stesse occasioni e si solidarizza, soprattutto perché si appartiene allo stesso mondo dello spettacolo e perché sai che anche l'altra sa cosa significa stare sotto la luce dei riflettori e cerca la discrezione. Un po' di paura di essere prede c'è".
La sorpresa più grande?
"Un giorno il nostro addetto-stampa mi ha detto: aspettami dopo la partita che ti devo far incontrare qualcuno. E' venuto a prendermi, mi ha portato in una stanza, e lì seduto c'era Michael Jordan".
Lunga chiacchierata?
"Solo monosillabi. Ero troppo emozionato. Jordan mi parlava e io gli ho detto solo yes, yes, yes. Scena muta, insomma. E' sempre stato il mio idolo, anche perché mio padre da giocatore mi asfissiava con Jordan".
Si è mai chiesto: cosa ci faccio io qui?
"No. Ma mi è capitato di sentirmi inutile, frustrato, sfiduciato. Un pivello, da mettersi le mani nei capelli".
Contro chi?
"Kobe Bryant. Per l'impossibilità di fermarlo. Non ci sono riuscito e ho pensato: questo è inarrestabile. Non solo quando tira, ma per come si muove, fa sempre la cosa giusta, e gli basta un attimo".
Però non ha rimorsi.
"Certo che no. Sono arrivato qui per fare esperienza, ora però non mi accontento, voglio vincere. Trovo che io, Belinelli e Bargnani abbiamo avuto fortuna. Anche se i Los Angeles Lakers restano i favoriti, hanno talenti e panchina lunga".
Lei però non vive a New York.
"No, ma a 50 minuti d'auto, a White Plains, dove c'è il nostro impianto. E' un sobborgo tranquillo, 130 mila abitanti, a me va bene, anche perché quando non gioco mi rilasso a casa, dove i miei genitori si alternano. Ammetto che il Natale a Lodi era un'altra cosa: grande tavolata, zii, nonne, panettone, pandoro, creme e tombola. Per quello la nostalgia c'è. E anche per il cibo".
Non le piace la cucina etnica?
"Preferisco i ristoranti italiani. Sono abituato bene, avendo una madre, ispettrice sulla qualità del cibo. Anche perché quando va a fare la spesa rompe molto ai negozianti: chiede ai macellai la provenienza della carne e legge ogni parola sulle etichette".
Lei è allenato dal play-maker di suo padre.
"Sì. Mike D'Antoni era il regista della Milano di Dan Peterson dove giocava anche mio padre Vittorio. E infatti mi ha aiutato molto, sa da dove vengo, sa che i miei errori dipendevano dall'abitudine ad un altro tipo di basket".
La lezione più importante?
"In America ho imparato a conoscermi. E a gestirmi. Dormo molto, quando posso anche al pomeriggio. Ascolto il mio fisico, in Italia invece pensavo non ne valesse la pena".
(28 dicembre 2009)
Un pezzo d'Italia nell'Nba
"Bisogna imparare da qui"
Danilo Gallinari sta diventando protagonista a New York e racconta la sua esperienza: "Il Madison è sempre pieno, e poi c'è grande fair play. Un solo difetto: sei un numero" dall'inviato EMANUELA AUDISIO
NEW YORK - Danilo Gallinari è un pezzo d'Italia nell'Nba. Non fuggono solo i cervelli, ma anche i giganti. "Gallo" gioca nei New York Knicks da due stagioni. Ha 21anni, 208 centimetri, la maglia numero 8, e la speranza di avere un futuro a stelle e strisce. L'anno scorso non è stato determinante, solo 24 partite a causa dei dolori alla schiena, quest'anno si è operato e D'Antoni lo schiera quasi sempre in quintetto base, affidandosi ai suoi tiri da tre.
Com'è l'America vista da sottocanestro.
"Pesante. L'aggressività dei corpi la senti durante la partita. E fa male. Ce li sogniamo questi fisici in Italia, anche perché qui al college i ragazzi hanno una cultura sportiva diversa e si sviluppano con basket, football, nuoto, atletica. Si gioca molto e sempre, a Natale e Capodanno. Per i fondamentali nell'allenamento non c'è tempo, si preparano gli schemi per la partita seguente. Però l'organizzazione è fantastica. Viaggiamo con l'aero della società, non facciamo file agli aeroporti, e il Madison Square Garden è sempre pieno. Mica la depressione che c'è in certi nostri palasport. Senza parlare del fair-play".
La rispettano?
"Mai sentita un'ingiuria. Anche nelle partite contro i nostri avversari storici, anche con i tifosi-rivali che stanno seduti ad un passo da noi, mai nessuno che mi abbia sputato in faccia o che abbia azzardato un'offesa. Ci sono 25 giornalisti che ci aspettano dopo la partita, ognuno deve trovare una storia, una particolarità, ma non mi sono mai sentito frainteso. L'Nba è una macchina efficiente, molto popolare, resti ore a firmare autografi ai ragazzini, l'unico difetto è che sei solo un numero, una statistica. Sei valutato per il tuo tabellino, e basta. E l'America sull'Italia vive di stereotipi".
Rogge, presidente del Cio, si è detto deluso da Tiger Woods. Voi ne avete parlato?
"Sì, molto, è stato argomento da spogliatoio. Anche per la sorpresa. Chi se l'aspettava da Tiger? Tutti si sono fatti la stessa domanda: why? Già, perché? Molti hanno provato rabbia, altri si sono sentiti traditi. In America il campione ha un ruolo importante, deve dare l'esempio, non può barare. Questo è un paese che ti dà tutto, basta che non esci dalle regole".
Anche lei ha molte fans.
"L'Nba è un mito. Se ne fai parte sei conosciuto e riconosciuto. E incontrare modelle e attrici è frequente. Si viene invitati alle stesse occasioni e si solidarizza, soprattutto perché si appartiene allo stesso mondo dello spettacolo e perché sai che anche l'altra sa cosa significa stare sotto la luce dei riflettori e cerca la discrezione. Un po' di paura di essere prede c'è".
La sorpresa più grande?
"Un giorno il nostro addetto-stampa mi ha detto: aspettami dopo la partita che ti devo far incontrare qualcuno. E' venuto a prendermi, mi ha portato in una stanza, e lì seduto c'era Michael Jordan".
Lunga chiacchierata?
"Solo monosillabi. Ero troppo emozionato. Jordan mi parlava e io gli ho detto solo yes, yes, yes. Scena muta, insomma. E' sempre stato il mio idolo, anche perché mio padre da giocatore mi asfissiava con Jordan".
Si è mai chiesto: cosa ci faccio io qui?
"No. Ma mi è capitato di sentirmi inutile, frustrato, sfiduciato. Un pivello, da mettersi le mani nei capelli".
Contro chi?
"Kobe Bryant. Per l'impossibilità di fermarlo. Non ci sono riuscito e ho pensato: questo è inarrestabile. Non solo quando tira, ma per come si muove, fa sempre la cosa giusta, e gli basta un attimo".
Però non ha rimorsi.
"Certo che no. Sono arrivato qui per fare esperienza, ora però non mi accontento, voglio vincere. Trovo che io, Belinelli e Bargnani abbiamo avuto fortuna. Anche se i Los Angeles Lakers restano i favoriti, hanno talenti e panchina lunga".
Lei però non vive a New York.
"No, ma a 50 minuti d'auto, a White Plains, dove c'è il nostro impianto. E' un sobborgo tranquillo, 130 mila abitanti, a me va bene, anche perché quando non gioco mi rilasso a casa, dove i miei genitori si alternano. Ammetto che il Natale a Lodi era un'altra cosa: grande tavolata, zii, nonne, panettone, pandoro, creme e tombola. Per quello la nostalgia c'è. E anche per il cibo".
Non le piace la cucina etnica?
"Preferisco i ristoranti italiani. Sono abituato bene, avendo una madre, ispettrice sulla qualità del cibo. Anche perché quando va a fare la spesa rompe molto ai negozianti: chiede ai macellai la provenienza della carne e legge ogni parola sulle etichette".
Lei è allenato dal play-maker di suo padre.
"Sì. Mike D'Antoni era il regista della Milano di Dan Peterson dove giocava anche mio padre Vittorio. E infatti mi ha aiutato molto, sa da dove vengo, sa che i miei errori dipendevano dall'abitudine ad un altro tipo di basket".
La lezione più importante?
"In America ho imparato a conoscermi. E a gestirmi. Dormo molto, quando posso anche al pomeriggio. Ascolto il mio fisico, in Italia invece pensavo non ne valesse la pena".
(28 dicembre 2009)
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
ottimo gallo,ottimi knicks...una squadra che finalmente gioca da diverse partite a basket..tanti passaggi tanto bel gioco e difesa dura..
dopo tanti errori forse mike ha capito che è meglio puntare sulla difesa e rallentare il gioco.
il gallo molto ordinato..tira quando è libero,col 50% quindi ottimi,altrimenti la passa.
mi è piaciuto.
un commento su lee..illegale...io lo dico da tempo non è una star ma è veramente forte..
dopo tanti errori forse mike ha capito che è meglio puntare sulla difesa e rallentare il gioco.
il gallo molto ordinato..tira quando è libero,col 50% quindi ottimi,altrimenti la passa.
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un commento su lee..illegale...io lo dico da tempo non è una star ma è veramente forte..
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
papi e mami si alternano
nostaligia per le zie e per le cene in famiglia
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"gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, e continueranno
a camminare sulle gambe di altri uomini" g.f.
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giginho93
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
aveva detto una cosa simile anche bargnani e migthy aveva risposto con un: mammone!raf ha scritto:papi e mami si alternano![]()
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
azino ha scritto:Intervista al gallo su Reppublica.it (mi sembra che non l'abbia postata nessuno)
Un pezzo d'Italia nell'Nba
"Bisogna imparare da qui"
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NEW YORK - Danilo Gallinari è un pezzo d'Italia nell'Nba. Non fuggono solo i cervelli, ma anche i giganti. "Gallo" gioca nei New York Knicks da due stagioni. Ha 21anni, 208 centimetri, la maglia numero 8, e la speranza di avere un futuro a stelle e strisce. L'anno scorso non è stato determinante, solo 24 partite a causa dei dolori alla schiena, quest'anno si è operato e D'Antoni lo schiera quasi sempre in quintetto base, affidandosi ai suoi tiri da tre.
Com'è l'America vista da sottocanestro.
"Pesante. L'aggressività dei corpi la senti durante la partita. E fa male. Ce li sogniamo questi fisici in Italia, anche perché qui al college i ragazzi hanno una cultura sportiva diversa e si sviluppano con basket, football, nuoto, atletica. Si gioca molto e sempre, a Natale e Capodanno. Per i fondamentali nell'allenamento non c'è tempo, si preparano gli schemi per la partita seguente. Però l'organizzazione è fantastica. Viaggiamo con l'aero della società, non facciamo file agli aeroporti, e il Madison Square Garden è sempre pieno. Mica la depressione che c'è in certi nostri palasport. Senza parlare del fair-play".
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"Sì, molto, è stato argomento da spogliatoio. Anche per la sorpresa. Chi se l'aspettava da Tiger? Tutti si sono fatti la stessa domanda: why? Già, perché? Molti hanno provato rabbia, altri si sono sentiti traditi. In America il campione ha un ruolo importante, deve dare l'esempio, non può barare. Questo è un paese che ti dà tutto, basta che non esci dalle regole".
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"Un giorno il nostro addetto-stampa mi ha detto: aspettami dopo la partita che ti devo far incontrare qualcuno. E' venuto a prendermi, mi ha portato in una stanza, e lì seduto c'era Michael Jordan".
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Si è mai chiesto: cosa ci faccio io qui?
"No. Ma mi è capitato di sentirmi inutile, frustrato, sfiduciato. Un pivello, da mettersi le mani nei capelli".
Contro chi?
"Kobe Bryant. Per l'impossibilità di fermarlo. Non ci sono riuscito e ho pensato: questo è inarrestabile. Non solo quando tira, ma per come si muove, fa sempre la cosa giusta, e gli basta un attimo".
Però non ha rimorsi.
"Certo che no. Sono arrivato qui per fare esperienza, ora però non mi accontento, voglio vincere. Trovo che io, Belinelli e Bargnani abbiamo avuto fortuna. Anche se i Los Angeles Lakers restano i favoriti, hanno talenti e panchina lunga".
Lei però non vive a New York.
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"Sì. Mike D'Antoni era il regista della Milano di Dan Peterson dove giocava anche mio padre Vittorio. E infatti mi ha aiutato molto, sa da dove vengo, sa che i miei errori dipendevano dall'abitudine ad un altro tipo di basket".
La lezione più importante?
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ti ammiro danilo ma una vaffanculo te lo sei meritato
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Re: Stagione 2009/2010 (Sophomore) di Danilo Gallinari
Veramente bella intervista, anche perchè ognuno ne sta prendendo una parte

Nooooo, che in America non contano le statistichel'unico difetto è che sei solo un numero, una statistica. Sei valutato per il tuo tabellino, e basta.
"Dottor/
Professor/
Truffatore/
Imbroglione"
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Truffatore/
Imbroglione"